Innanzitutto vi chiedo: cosa ne pensate della rappresentazione dei corpi grassi nelle pubblicità o nelle serie TV?
Negli ultimi tempi ci sono state reazioni di protesta alla rappresentazione di corpi grassi, come per il cartone di Disney+ "Reflect" o i manichini “curvy”, parola inventata perché l’aggettivo grasso ha acquisito soltanto un’accezione negativa. Secondo le critiche questi promuoverebbero il sovrappeso e l’obesità, condizioni dannose per la salute. Tuttavia, i programmi nei quali vengono rappresentati stili di vita poco salutari (mancanza di attività fisica, consumo junk food, alcol…) non scatenano lo stesso grado di ostilità nelle persone.
Questo tradisce come, all’origine dei commenti, più che una reale preoccupazione per la salute, ci sia grassofobia e quindi una forte discriminazione nei confronti dei corpi grassi.
Come i media condizionano la rappresentazione di sè?
I media hanno un ruolo fondamentale nel definire cosa pensiamo di noi stessi e del mondo. La letteratura scientifica è concorde nell’affermare che la rappresentatività di determinate caratteristiche nei personaggi impatta su ciò che è normale, motivo per il quale è importante per una bambina di una certa etnia o su una sedia a rotelle avere una bambola che possa rappresentarla (Barbie ha, talvolta, cercato di colmare questo gap). Molte etnie sono ancora sotto rappresentate rispetto alle percentuali della popolazione, sia per il numero dei ruoli, sia per caratteristiche stereotipate dei ruoli interpretati (Mastro e Stamps, 2018).
I personaggi con corpi grassi sono presenti in percentuali ancora inferiori e quando sono rappresentati sono connessi a caratteristiche stereotipate e/o negative. Questo contribuisce a creare un immaginario collettivo che influenza ciò che la società pensa delle persone grasse e ciò che loro pensano di sé stesse.
Che effetto ha?
Questo può avere un effetto cognitivo definendo una cosiddetta profezia che si auto avvera: se non rappresento mai persone con obesità che fanno sport, tutti intorno a me si aspettano che io non lo faccia, io stesso non mi aspetto da me stesso di poterlo fare e quindi sarò meno spinto a farlo.
L’idea che rappresentare corpi grassi possa promuoverli determinando un aumento di peso è antiscientifica. Molti ricercatori (Vartanian e Porter, 2010) hanno studiato questo fenomeno confermando che non rappresentare, stigmatizzare e marginalizzare le persone le spinge a ritenere fuori dalla propria portata alcune cose che avrebbe piacere e voglia di fare (come lo sport). Una rappresentazione equa e inclusiva è un diritto che prescinde dallo stato di salute organico delle persone in quanto la marginalizzazione non può portare che a peggiorare il proprio stato di salute.
Le Linee Guida canadesi sottolineano che le persone con obesità sono vittime di pregiudizi correlati al loro peso e della stigmatizzazione sociale e questi elementi contribuiscono ad aumentare la morbidità (altre patologie) e la mortalità, indipendentemente dal BMI (indice di massa corporea).
Perchè pensiamo che l'obesità sia frutto di pigrizia?
Avete mai pensato che una persona con pressione arteriosa sia così perché ha deciso di esserlo? Perché con l’obesità diamo per scontato che la responsabilità sia della persona che non segue le regole e mangia più del dovuto?
Soltanto nel 2019 l’obesità è stata considerata come malattia cronica: prima era ricondotta soltanto alla pigrizia e scarsa forza di volontà, facendo ricadere sulla persona la colpa per la propria condizione. La semplice regola del “mangia meno e muoviti di più” non considerava la complessità della patologia e sosteneva il bias e lo stigma. È ormai ampiamente dimostrato che la forma e la composizione corporea delle persone sono influenzate da vari elementi genetici, biologici, psicologici, ambientali e molti di questi sono al di fuori del diretto controllo delle persone.
Quali fattori incidono sull'aumento del peso?
Tra questi, i fattori legati alle terapie farmacologiche che portano a un incremento di peso (alcuni psicofarmaci), ai deficit nella qualità del sonno: adulti che dormono meno di 7 ore a notte in media hanno un peso maggiore e sono maggiormente a rischio di sviluppare obesità per un aumento della grelina (ormone della fame) e una riduzione della leptina (ormone della sazietà).
Altri fattori sono anche legati all’ambiente in cui si vive e quindi alla ridotta possibilità di fare attività fisica: vivere in una zona industriale rende più difficile e meno intuitivo uscire e fare attività, rispetto che vivere vicino a un parco. A riguardo è stato fatto uno studio nel 2018, in cui si stimava la prevalenza di obesità a seconda dei quartieri e successivamente si andava a rilevare: la prevalenza stimata dell’obesità e la prevalenza reale combaciavano quasi del tutto.
Tra i fattori psicologici troviamo disturbi del comportamento alimentare, depressione, strategie di coping per le emozioni maladattve, iper attivazione agli stimoli alimentari ambientali. Il 50-60% delle donne con gravi e persistenti disturbi mentali sono affette da obesità. Inoltre, c’è il 46% di aumento di probabilità di sviluppare obesità da adulti se esposti a traumi infantili.
Perchè allora pensiamo che sia pigrizia?
La causa più profonda e più pervasiva dello stigma sta nella narrativa che considera il peso corporeo interamente controllabile dall’individuo mediante opportune scelte comportamentali. Peccato che considerare il sovrappeso e l’obesità come la conseguenza diretta di comportamenti individuali inadeguati scotomizzi completamente quell’insieme di meccanismi che regolano la fame, i circuiti cerebrali complessi influenzati da segnali periferici e non solo, fattori genetici, epigenetici e ambientali.
Infine, vi è un’ulteriore narrazione secondo cui l’obesità sarebbe reversibile “convincendo” il paziente a seguire comportamenti individuali più sani e virtuosi.
La grassofobia è responsabile delle difficoltà di affrontare l’obesità in modo serio, perché attribuisce responsabilità e colpe all’individuo affetto da questa patologia. Inoltre, aumenta la violenza delle pratiche di cura (diete e digiuni), le conseguenze patologiche (Disturbi del Comportamento Alimentare) e la marginalizzazione.
Se avete domande o se volete farmi sapere cosa ne pensate, vi aspetto nei commenti o in privato!
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